C'era una volta
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Filomela e Progne  

 
Già fu un tempo che la Rondine la sua casa abbandonò, e la verde solitudine della selva ricercò, dove spiega dolce al vento l'Usignol il suo concento.

- Filomela, - così chiamasi l'Usignol in vecchio stile, - della tua dolce sorella ti ricordi, uccel gentile? Guarda: son la Rondinella.

Son mill'anni che non vieni a trovarmi, da quel dì, ti sovvieni? che lasciasti i lidi eolici per venir sdegnosa qui.

Or che cosa intendi fare? di restare a stancar l'aria del tuo canto eternamente, disdegnosa e solitaria?

Qui non passan che selvaggi animali e rozza gente; il deserto, i sassi, i faggi, non son fatti per un'anima così dolce e intelligente.

Il tuo canto, se ritorni, o sorella, alla città, come già nei lieti giorni ogni cor stupir farà.

Mentre invece questo vivere solitaria, negli affanni, in quest'orrido soggiorno, non può far che porre in mente il selvaggio, il nefando orrendo oltraggio, che Tereo nel bosco un giorno sul bel corpo ti recò. Vieni adunque, son mill'anni che quel tempo ormai passò.

- Progne, - disse l'Usignolo, - se il motivo vuoi sentire che nei boschi mi trattiene, il motivo è questo solo: che l'immagine degli uomini non farebbe che inasprire il dolore e la memoria delle mie passate pene.